Intervista a Sabah Naimi
(Dopo l’articolo di don Walter Fiocchi Un film può cambiare la storia? e il contributo molto interessante di Patrizia Nosengo dal titolo Pensieri sparsi a proposito di Islam e Occidente, la discussione sul Islam e Occidente continua con un’intervista a Sabah Naimi, nativa del Marocco e cittadina italiana, nonché attuale Presidente del forum immigrazione PD provincia Alessandria. Ap).
Quali tra gli eventi intervenuti negli ultimi mesi nello scacchiere orientale, ritiene di particolare rilevanza per giudicare la natura ed il carattere politico legati alla cultura ed alla religione islamica?
Quello che è successo nel mondo arabo – musulmano negli ultimi mesi a proposito della cosiddetta “primavera araba”, non ha a che fare con la religione islamica, ma con processi evolutivi socioculturali. Il cambiamento generazionale, la globalizzazione economica e il potenziamento dei mezzi di comunicazione, ha fatto si che la nuova generazione non si riconosce e non si sente rappresentata dai vecchi governi. Se i loro padri, vuoi per scarsa scolarizzazione, vuoi per il terrore che gli è stato imposto dai governi dittatoriali, hanno accettato di sottomettersi, vivendo così quello che tutti possiamo immaginare in una dittatura, i figli invece che sono cresciuti con internet e con le tv satellitari, certe disparità e ingiustizie non sono più tollerabili. Invero i nuovi governi costituitisi dalla rivoluzione libica, tunisina ed egiziana sono rappresentati perlopiù dall'area moderata dell’Islam ponendo ai margini gli estremisti in genere. La gente in questi paesi ha avanzato una richiesta chiara di democrazia, di giustizia, di libertà, di lotta alla corruzione e non di religione. Non ce n’era bisogno!
Parecchi opinionisti continuano a sottolineare che quanto succede nei Paesi islamici possa sfociare in uno scontro di civiltà con le culture e le istituzioni dell’Occidente. Qual’è il suo parere?
Non esiste nessuno scontro di civiltà, esiste invece uno scontro di interessi, purtroppo la religione è sempre stata manipolata dall'uomo al fine di esercitare il suo potere sottomettendo gli altri nel nome di Dio. Quando la popolazione tunisina e anche quella egiziana ed ora quella siriana, sono scesi per le strade subendo inauditi massacri, nessun paese occidentale ha alzato un dito, a parte le condanne verbali. Invece per la Libia, ricca di petrolio e di molti interessi internazionali, tutti sono intervenuti, Sarkozy, allora presidente della Francia, ha attaccato prima che l’ONU desse il nulla osta e non certamente per amore verso il popolo libico o perché Gheddafi rappresentava un pericolo per la civiltà occidentale. Gheddafi era l’amico e il socio in affari di tanti leader europei di cui ha beneficiato anche Berlusconi. Stante le notizie di questi giorni sembrerebbe che Gheddafi ha persino finanziato la campagna elettorale all'ex presidente francese.
Io credo che il problema che sussiste tra religione e culture diverse non è più di fatto affare degli esperti in quanto è diventato vittima dei politici e dei loro discorsi demagogici che fanno dell’Islam il nuovo mostro che minaccia la civiltà e la sicurezza occidentale. Per arrivare a facili consensi strumentalizzando l’opinione pubblica. Anche i mass-media che mettono il musulmano alla pari del terrorista dimenticando che l’Islam è solo una religione e non è un’ideologia. L’occidente continua a guardare a l’Islam come un blocco unico malgrado ogni società ha le sue peculiarità interne ed esterne, politiche, economiche e storiche, non esiste un Islam uniforme in tutto il mondo arabo musulmano e spesso viene letto, spiegato e interpretato in relazione al territorio, ai processi storici ed etnici del Paese, che non vanno sempre d’amore e d’accordo ( come ad esempio il conflitto Alawita – Sciita che continua a insanguinare la Siria dopo tanti secoli), esistono quattro grandi scuole dell’Islam abbastanza differenti, senza parlare di sette e movimenti, perciò l’Islam profetizzato in Arabia Saudita di certo non è lo stesso del Marocco e neanche quello professato attualmente in Europa, anche se traggono origine tutti dal Corano. I musulmani ( due miliardi nel mondo) non sono tutti arabi (sono arabi circa 263 milioni). All'Occidente piace guardare il mondo musulmano come un mondo arretrato culturalmente, col desiderio di volerlo plagiare negandole il riconoscimento di quella grande tradizione culturale che tutt'oggi come in passato a reso all'umanità notevoli passi avanti, in campo medico, matematico, architettonico, artistico ecc.
Perciò conviene a qualcuno parlare di scontro di civiltà, ma con la globalizzazione della comunicazione, dell’economia, della tecnologia e anche ai flussi migratori non esistono tante civiltà in contrasto tra loro è un concetto vecchio e superato, ormai esiste solo la civiltà umana come forse è sempre stato.
Cosa potrebbero o dovrebbero fare Occidente da un lato e mondo islamico dall’altro per agevolare la reciproca comprensione e convivenza?
L’Oriente sa tutto dell’Occidente, lo studia, lo analizza e a volte lo imita, ma l’Occidente non sa nulla dell’Oriente, si abbandona a facili pregiudizi, crede che gli arabi e i musulmani sono i nemici della democrazia, della libertà e negano i diritti delle donne. L’Occidente usa il suo modo di pensare e di vivere come metro di misura, l’Occidente crede che la sua cultura è “la Cultura” in assoluto e gli altri devono adattarsi all'unico modello che esiste, il suo. E’ questo il sostanziale problema, il dialogo funziona se i due interlocutori si considerano alla pari, nessuno deve considerarsi né superiore né inferiore, altrimenti si sfocia inevitabilmente nel dominio degli uni sugli altri.
I musulmani devono smettere di sentirsi vittime e devono uscire dal loro stato di difesa perenne, devono aprirsi al mondo e impedire a quella manciata di radicali e di terroristi di oscurare lo splendore della cultura e della religione dell’Islam, se pensiamo a quello che è successo a Bengasi e alle proteste in Egitto che hanno infiammato le ambasciate, dando un’immagine inquietante e terrificante sul mondo islamico in generale, malgrado sono state scatenate da un centinaio di persone, in Egitto sono 90 milioni di fedeli musulmani sono state oscurate da una pugno di fanatici e radicali, lo stesso a Bengasi un centinaio di miliziani vicini a Gheddafi e Salafiti esclusi dal potere hanno dato un immagine sanguinosa e violenta, offuscando l’immagine di due miliardi di musulmani secondo il punto di vista occidentale. Le prime vittime non sono gli occidentali ma sono proprio i musulmani che non riescono a difendere il valore della pace e del rispetto tra le persone, valori questi che stanno nel fondamento stesso dell’Islam.
Parliamo di terrorismo. L’impressione di molti non musulmani è di una tolleranza, quando non accondiscesa, di larga parte delle popolazioni di fede islamica nei confronti di Al-Qaeda e dei gruppi radicali religiosi. Si tratta solamente di un pregiudizio? Quale opinione si è fatta rispetto alle formazioni più esplicitamente estremiste, tipo salafismo, gruppi jihadisti e simili?
Questa è una lettura molto semplice e superficiale che molti occidentali adottano anche per giustificare la loro islamofobia, ma non è cosi, come ho detto prima sono i musulmani stessi le vittime di atti terroristici commessi nel nome di Dio o del Profeta Mohammed e sono coscienti di questo, per questo tanti sono scesi nelle strade per protestare contro le violenze di Bengasi, ma nessuno ha riportato la notizia, tutto il mondo arabo musulmano governi e popoli hanno condannato le violenze e l’uccisione dell’ambasciatore americano, come hanno condannato Al-Qaeda dopo l’11 settembre, ma i mass- media hanno creato il mostro e hanno tutto l’interesse di tenerlo vivo. Lei pensa alle condizioni di ostilità e discriminazione nei confronti dei musulmani in Europa dopo l’11 settembre. Credo che c’è un problema di comunicazione enorme, la normalità non fa notizia e non frutta consensi perciò si da spazio allo “scandalo” e alla “violenza”. D’altra parte dopo il crollo dell’Unione Sovietica, l’occidente ha disperato bisogno di un “nemico” come ha sottolineato Samuel Huntington nel suo libro “scontro di civiltà”, l’Islam svolge questo ruolo alla perfezione, ancora di più in un momento di grande crisi economica e finanziaria, viene usato dai politici per deviare l’attenzione della gente dai problemi interni e dalle difficoltà della vita.
Quanto influiscono le vicende arabo/israeliane sui rapporti tra Occidente e Paesi islamici?
Non vorrei essere ipocrita, il fatto che l’Occidente usa due pesi e due misure nei confronti di Israele e della Palestina, incide in qualunque modo nel sentimento religioso dei musulmani, il silenzio dell’Occidente davanti al tentativo di Israele di cancellare lo stato palestinese con metodi atroci come quello che è successo a Sabra e Shatila crea dipendenza, anche i governatori arabi musulmani hanno sempre usato la causa palestinese e la religione per raggiungere il consenso e unire il paese, ma questo non impedisce che c’è collaborazione e cooperazione economica e culturale con i due mondi. La maggior parte degli stati arabi musulmani hanno riconosciuto lo stato di Israele, ma i predicatori della violenza e dell’odio sono dappertutto come in Israele, anche in Occidente così nel mondo musulmano. Sostenere e difendere il popolo palestinese non impedisce il buon vicinato con l’occidente, d’altronde la maggior parte della società civile occidentale sostiene la Palestina è una opportunità in più per avvicinare i due mondi.
Parliamo di “primavera araba”. Quali evoluzioni dobbiamo attenderci dai Paesi coinvolti in questo processo? Quali eventi mondiali possono condizionare con maggiore rilevanza la situazione e quali impatti gli eventi ad essa collegati potrebbero influire sulle politiche internazionali?
È molto presto per parlare di evoluzioni della “primavera araba”, le aspettative sono tante, ma le difficoltà ancora di più. Ricordiamoci che stiamo parlando di paesi con gravi problemi economici, con un indice demografico molto alto, accompagnato da una disoccupazione che genera ulteriore povertà, l’esclusione totale dei giovani, l’esistenza di un sistema corrotto. La primavera araba è una sfida aperta non solo per i governi ma anche per la popolazione, tutta da giocare. Gli esperti e gli orientalisti tra cui il professor francese Olivieri, sono ottimisti per il futuro della sponda sud del Mediterraneo, ma io credo che è ancora presto per considerarla una primavera o piuttosto un interminabile inverno. Noi, aspettiamo fiduciosi.
Anche in Alessandria vivono ormai parecchie persone di provenienza araba. Come valuta il processo di integrazione di questi nuovi alessandrini?
Molto lento, in Alessandria come in Italia in generale, certe amministrazioni di destra non hanno giovato a una facile integrazione, ma questo non è solo legato agli immigrati di fede musulmana ma è estesa a tutti gli immigrati, per non parlare della crisi e i suoi effetti sui pochi processi d’integrazione che erano già in atto. Ad Alessandria ci sono 13 mila immigrati di cui un terzo di fede musulmana, l’11% della popolazione senza un centro interculturale dove alessandrini e immigrati posso incontrarsi e conoscersi, senza uno spazio comune che da opportunità di incontro e di condivisione. L’immigrato è considerato ospite all'infinito desiderato e cercato come braccia da lavoro, umiliato e avvolte discriminato come persona. Per fortuna esistono anche alessandrini aperti al dialogo, alla solidarietà e alla conoscenza del diverso, sono questi che ci danno il coraggio per lavorare tutti i giorni per una sana convivenza, basata sul rispetto reciproco e non sul pregiudizio.
Infine. Lei presiede il forum immigrazione PD provincia Alessandria. Quali attività svolgete e verso quali finalità risulta maggiormente orientato il vostro impegno?
Io sono un’italiana per scelta e sono fiera della mia scelta, come sono orgogliosa delle mie radici, sono mediatrice interculturale, il mio lavoro che è anche la mia passione è quello di unire due mondi, di spiegare la diversità e trasformare un potenziale conflitto in un’opportunità al dialogo tra culture, etnie, religioni diverse, perché sono convinta che questo paese ha bisogno di tutti noi, non c’è un popolo puro o una cultura pura. I discorsi demagogici che ci hanno coinvolto in un’immagine di paese composto da una sola etnia, non esiste più, anzi in verità non ha mai trovato vero fondamento. Noi nel forum immigrazione lavoriamo per una società che vive in armonia che approfitta della ricchezza che offre la diversità, ma che non rinuncia alla sua identità e alle sue radici, lavoriamo perché nessuno si sente straniero nel suo paese, perché i figli nati e cresciuti da genitori immigrati sono italiani non solo di fatto ma anche sulla carta, che gli immigrati che condividono e rispettano i nostri valori e la nostra costituzione, per anni pagando le tasse, contribuendo allo sviluppo della nostra nazione, possono anche loro partecipare alla scelta di chi li rappresenta e da ciò il diritto di voto passivo e attivo almeno alle amministrative.
Lavoriamo per creare momenti d’incontro e di socializzazione e conoscenza reciproca tra cittadini autoctoni e nuovi, perché siamo convinti che solo uniti possiamo ricostruire il futuro dei nostri figli.
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